LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Redazione LaRecherche.it
|
||||||
La madre consacrante
Sto davanti al mare che rotola e rotola nel suo sangue verde dicendo, «non abbandonare un dio perché io ne ho una manciata». Gli alisei soffiavano nella loro inversione a dodici dita e io semplicemente stavo sulla spiaggia mentre l’oceano faceva una croce di sale e appendeva gli annegati e loro gridavano Deo Deo. L'oceano li offriva in sacrificio secondo l'umore della sua potenza. Io volevo partecipare ma me ne stavo sola come uno spaventapasseri rosa. L’oceano inghiottiva e soffiava vapore, l’oceano boccheggiava sulla riva ma io non riuscivo a definirlo, non riuscivo a dare un nome al suo umore, alle sue smorfie oscure. Al largo lui rotolava e rotolava come una donna in gestazione e io pensavo a coloro che l’avevano attraversato nell’antichità, per arte nautica, per schiavitù, per guerra. Immaginavo come avesse portato quei bastimenti. Doveva essere penetrato pelle a pelle, e indossato come il primo o l’ultimo abito, entrando in ginocchio come in chiesa, discendendo in quell’ascensione, per quanto fosse scivoloso come olio d’oliva, mentre cavalca ogni onda come un ladro di bianco. La grande profondità conosce la legge quando porta il suo cappello grigio, anche se l’oceano viene come è suo destino, con le sue cento labbra, e alla luce della luna viene nella sua nudità, seni balenanti fatti di acqua lattea, natiche balenanti fatte di insopprimibile brama, e di notte quando la penetri risplendi come un soprano al neon.
Io sono quel goffo umano sulla riva che ti ama, che viene, che viene che va, e desidera schiacciarti sotto il pollice come Il Canto di Salomone.
[ Traduzione di Marina de Carneri, tratta da Una come lei – e altre poesie, Via del Vento, 2010 ]
|
|